NO


Come vi avevo accennato ho scritto il mio primo romanzo. 
Avevo contattato una conoscenza, gli avevo inviato la prefazione e un capitolo centrale del mio libro per avere un feedback da qualcuno del settore, che gentilmente aveva proposto quelle pagine a qualche casa editrice di sua conoscenza. 
Ieri è arrivato il primo NO.
Non è stato tanto il NO in sé a farmi male ma il "l'argomento non interessa".
Lì per lì mi sono sentita crollare anche se era il primo tentativo che facevo, 
e per una questione di probabilità non potevo sicuramente aspettarmi un sì al primo colpo.
Pensavo che il rifiuto mi avrebbe fatto demordere ed invece mi sono ritrovata ancora più fiduciosa nella consapevolezza che quello che avevo scritto avesse un valore e un'unicità non adatta a tutti. 
So di aver trattato un tema ostico, pesante, sconosciuto e che di conseguenza molti avrebbero visto in quelle pagine qualcosa di estraneo, poco comune e poco vendibile. 
La questione che il tema non piacesse mi ha dato ancora più forza nella mia missione: 
diffondere la mia storia. 
La storia che racconto non ha niente di originale, è comune 
e credo che la sua enorme forza stia proprio in questo! 
La storia della protagonista e dei vari personaggi secondari sono storie ispirate a gente normale, gente che magari conosci, che incontri quando fai la spesa o al lavoro...
Potrebbe essere la storia di chiunque e questo secondo me è potentissimo. 
Non stiamo parlando di fantasy, di gialli, di fantascienza, 
stiamo parlando di quello che nel 2025 accade, accade ma non si vede. 
Ho voluto scrivere di una parte celata al mondo, una parte grande, 
un bacino enorme dove finiscono molti di noi. 
Molti di noi che poi non vanno in giro a raccontarlo e così sempre meno persone conoscono queste storie. Sono esperienze che si tende ad offuscare, di cui non parli ad una persona che conosci appena, 
sono esperienze che chi vive vuole mettere nel dimenticatoio o ignorare. 
Ecco perché per me invece parlarne è importante.
Ecco perché credo in quello che ho scritto, per normalizzare ciò che è successo a me.
Per far conoscere alle persone, per dimostrare loro, la semplicità e la facilità con cui si può cadere
e per dare spazio alla bellezza delle persone che ho incontrato durante quell'esperienza.


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